Rigore sorridente: Asai sensei a Roma, febbraio 2011

Categoria: Gli articoli di Manuela

Nota: Chi trovasse nei commenti tecnici termini giapponesi che non gli sono familiari può consultare il dizionario presente sul sito Musubi, dove troverà anche la cronaca dell'altro raduno tenuto da Asai sensei a Milano il mese successivo.

 

Dopo 30 anni di assenza da Roma, il Dojo Nozomi, per fortuna  nostra, ha invitato il maestro Asai a tenere uno stage nella capitale e questi ha accettato l'invito!

Per nulla al mondo mi sarei persa questo raduno.

 

 

 

 

 

Già negli anni passati mi era capitato di incontrare il Maestro Asai.

Puntualmente, agli inizi della primavera, tiene infatti uno stage a Milano insieme al maestro Fujimoto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La lezione di sabato è cominciata con un'accurata ginnastica per sciogliere ben bene il corpo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E' stato poi il momento di ikkyo undo nel quale il Maestro ci ha corretto:

 

 

Il maestro passava a verificare questo allineamento con il jo.

 

 

 

 

 

 

E poi immediatamente dopo:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il lavoro è proseguito a coppie, utilizzando la tecnica kotegaeshi:

 

Uke e tori cominciavano vicini.

 

Tori con la  mano posizionata su quella di uke, già con la presa di kotegaeshi.

 

Poi un passo dietro di tori, uno avanti di uke e con la leva di kotegaeshi bisognava infine  "avvitare" uke;

 

 

 

 

 

 

Avvitarlo non verso il basso ma lontano, davanti a noi.

 

Con questo avvitamento a spirale uke assumeva una posizione lineare, allungata, elegante, con una mano avvitata dal kotegaeshi, l’altra nel senso opposto in nikyo, la testa allungata in avanti ed allineata al corpo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il maestro correggeva le posizioni degli uke passando tra i  praticanti.

 

Talvolta accostando il jo al loro corpo, assicurandosi così che questi fosse perfettamente in linea e che ognuno potesse verificarlo visibilmente.

 

Uno studio armonioso che piaceva molto ai nostri corpi!

 

 

 

 

 

 

 

A questo lavoro il maestro ha poi aggiunto la trasformazione del kotegaeshi in nikyo ura, insistendo sull’immobilizzazione fino a portare uke completamente disteso a terra per accettare la leva.

 

Dietro il maestro è visibile il jo, da lui spesso utilizzato, come già detto, per evidenziare le linee di lavoro di tori e le linee secondo cui reagisce il corpo di uke, che nella fase di analisi della tecnica bisogna assecondare senza contrastarle inutilmente.

 

 

 

 

 

 

E da qui  abbiamo proseguito.

 

Sempre con nikyo ura preceduto dal doppio elegantissimo tenkan che propone Asai.

 

Se ho ben visto la sequenza si compone di tenkan, kaiten, ushiro, kaiten.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E poi la conclusione verso nikyo ura quasi lanciando l’uke, per poi farlo approdare sulla spalla di tori.

 

In questo momento il maestro ha il tanto alla cintola, che alterna al jo per rendere visibili le linee di attacco, quelle di difesa e quelle di lavoro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il maestro si è soffermato sulla posizione di uke durante nikyo ura.

 

Eccolo mentre mostra la corretta postura del corpo al momento di ricevere la tecnica .

 

Si deve sempre rimanere in hanmi (posizione obliqua, esponendo solo metà corpo),  guardando dritto e rimanendo rivolti al tori.

 

Mai girare il capo dall’altra parte: girare il capo sarebbe una contrapposizione che andrebbe solo a discapito di uke.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poi è stata la volta di nikyo omote.

 

La parte iniziale viene curata da Asai sensei molto attentamente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per poi ritornare ancora a nikyo ura.

 

Dopo avere eseguito la prima parte di nikyo ura si permetteva la risalita di uke.

 

Solo allora, completando la tecnica, si proseguiva lanciando uke lontano, in un dinamico e gioioso movimento circolare, senza provocarne tuttavia la caduta a terra.

 

 

 

 

 

 

 

Il lavoro proposto dal maestro Asai è poi proseguito con i kaeshi waza:

 

da nikyo (kote mawashi) a sankyo (kote hineri);  nel momento in cui uke aveva accettato nikyo fino a distendersi per terra, da quella posizione, disteso a pancia sotto, nasceva la controtecnica in sankyo

 

E poi:

Da nikyo (kote mawashi) a kote gaeshi.

 

Da sankyo (kote hineri) a kote gaeshi

 

 

 

Un lavoro veramente interessante che ci ha aperto la strada alle varie possibilità in cui una tecnica può concludersi .

 

Il bellissimo allenamento di sabato si è concluso con il kotegaeshi.

 

Proposto sempre con il bellissimo ‘doppio tenkan’ che si avvitava al terreno insieme a tori, il quale scendeva fino a portare il ginocchio a terra.

 

 

 

 

 

 

Per poi, con la leva di kotegaeshi, lanciare lontano uke.

 


 

La domenica è arrivato il momento del lavoro con la spada. Mi è piaciuto molto che il maestro ci abbia fatto lavorare in tre:

Tori al centro con il bokken, due uke alle estremità (davanti e dietro).

Questi ultimi eseguendo shomenuchi con il bokken cercavano entrambi contemporaneamente di tagliare tori.

Questi a sua volta  doveva cercare - su indicazione del maestro - la tecnica di shihonage.

 

 

 

 

 

 

 

Prima da posizione ai hanmi e poi da gyaku hanmi, sempre in ambedue le modalità omote e ura.

Nella esecuzione della tecnica chi era al centro doveva evitare e neutralizzare entrambi gli attacchi che riceveva.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per quanto le spiegazioni e dimostrazioni del maestro fossero chiarissime, è stato all’inizio difficile immaginare le tecniche che conoscevamo in aikido riportandole nel lavoro con la spada.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ma, non appena il corpo è cominciato ad entrare nei movimenti...

E' stato veramente entusiasmante... interessante...

Divertente!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Al termine il maestro permette ad ognuno di verificare se le sue idee riguardo a shihonage hanno una logica.

Torna infatti a mostrare la tecnica a mani nude.

Ma sempre mettendo in evidenza i principi del movimento della spada su cui ha voluto farci riflettere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ha poi chiesto agli yudansha di eseguire la tecnica di iriminage, spada contro spada.

Lì abbiamo continuato a cercare... a studiare…

Ognuno ha dato la sua interpretazione e a detta del maestro...  abbiamo interpretato bene!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ci ha infine mostrato il suo iriminage...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Efficace.

Potente.

Elegante…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi è piaciuto molto che il maestro non si sia limitato a proporci una sequenza di tecniche.

Ha stimolato la nostra creatività, ci ha fatto studiare e ricercare l’aikido all’interno di noi stessi.

Non cercare di imitare soltanto quanto illustrerò. Vi sono cose che si scoprono direttamente dentro di noi con l'esercizio continuo e lo studio rigoroso.

(Miyamoto Musashi, 1584-1645.)

 

 

 

 

 

 

 

Questo metodo di lavoro mi ha riportato un po’ al tempo passato.

Quando il maestro Hosokawa ci proponeva delle lezioni in cui richiedeva la nostra partecipazioni sia a livello pratico che a livello mentale, con domande volte a identificare le similitudini tra l'arte dell’aikido e il lavoro con la spada.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il maestro Asai ha anche voluto ricordarci le diverse attitudini mentali, ma anche fisiche perché ogni riflesso mentale si ripercuote sul nostro corpo, con cui è possibile affrontare la pratica.

Il maestro ha voluto utilizzare, ci viene in soccorso Koji Watanabe che ha impeccabilmente tradotto le sue lezioni, parole più "tecniche" e descrittive rispetto a quelle utilizzate normalmente da Tada sensei, che utilizza delle metafore indirizzate a far comprendere le attitudini mentali.

 

 

 

 

 

 

Go = allenamento intenso, un po' "fisico", quello che Tada sensei chiama tanren, ossia tempra del corpo, mentre il kinorenma è la tempra dello spirito.

Ju = allenamento morbido e cedevole sotto il profilo fisico ma ovviamente anche in quello mentale, in cui si utilizza di più l'energia di uke senza contrastarla.

Ryu = allenamento fluido, che lascia correre l'energia unendo quella di tori a quella di uke; è quello che Tada chiama ki no nagare (気の流れ), corrente dello spirito, ed in effetti ryu è la pronuncia cinese (yon'yomi) dell'ideogramma che si legge nagare alla giapponese (kun'yomi) .

 

 

 

 

Concludendo.

Posso dire di aver molto apprezzato lo stile, le conoscenze tecniche, il cuore generoso e gentile del maestro Asai, che ci ha voluto regalare un po’ della sua passione verso questa arte meravigliosa.

E il modo in cui il maestro ci guardava mentre praticavamo mi ha colpito... perché non ci guardava solo per correggerci,  ma… sorridendo, ci stava studiando.

Ed è questo il messaggio che dobbiamo raccogliere: non si finisce mai di studiare. E con un sorriso!

Grazie, Maestro!